
Beh, che dire… è stato un viaggio particolare. Quando siamo partiti non avevamo idea di quanta pioggia avremmo dovuto sopportare, dato che le previsioni di maltempo erano date per certe: credo sia stato uno dei pochi angoli dell’Italia i cui non sia piovuto quasi per nulla tra sabato e domenica, anche se la mattina del secondo giorno il brivido di camminare per un po’ sotto una pioggia sottile, l’abbiamo sentito.
Il tratto che abbiamo percorso, è senz’altro il tratto di Francigena italiana più fascinoso, così dicono anche gli esperti: per noi che eravamo principianti, è stato vero e abbiamo ammirato con un senso di piacere, direi commozione per quanto mi riguarda, i forti e caldi colori autunnali, il rosso e le infinite varietà di verde che attraversavamo. Con anche, se posso dire, un sottile senso di vuoto dato dall’assenza, allo sguardo, di altri esseri umani per la via – pochissime le persone incontrate durante il cammino. Benchè infatti ciascuno di noi conoscesse la campagna tra Firenze e Siena, camminarci dentro è stata davvero tutta un’altra storia.

Poi, eravamo insieme ciascuno facendo un proprio viaggio, un passo dietro quell’altro, senza obbligo di legame o convenzione sociale, con la percezione saggia di non essere soli. Ci si portava dietro la gioia e la sensazione precoce di fatica – quanto sono indietro!! – forse l’entusiasmo ma anche la pazienza per quando questo entusiasmo fosse venuto meno. Piuttosto, il camminare in gruppo ci ha obbligati nella pratica, se così si può dire, al silenzioso e puntuale rispetto reciproco, ad un naturale sostegno che, unico, consente a tutti di poter andare avanti; e praticando, senza volerla praticare, una certa capacità di accogliere e sostenere la conversazione così come il silenzio del gruppo.
Quando si parla di emozioni, sembra sempre di parlare di qualcosa di eclatante, di grandioso e sconvolgente, invece il modo semplice in cui si può vivere un’esperienza come questa, nella pura quiete, colpisce molto e trasforma questa stereotipata rappresentazione. Immagino così il Bambino Libero: uno che non si affanna per piacere agli altri, non vuole lottare contro il mondo per cambiarlo, non si sforza di essere diverso da sè e adeguato agli altri, nè di essere diverso dagli altri nell’illusione di essere, in questo modo, veramente sè. Dev’essere invece un tipo semplice e tranquillo, uno che gioca con gioioso impegno e onestà sulla soglia di casa dalla quale vede il mondo fuori, uno che avendo poco può immaginare e costruisce mondi ogni giorno nuovi, dove dentro ci sono persone, cose e mappe in cui orientarsi e non perdersi. Uno che sa mettere un piede avanti ad un altro per camminare esplorando il resto in modo curioso, uno che assaggia e si gusta con lentezza l’esserci e l’essere presente a se stesso, meglio che può.